Agro e borgate tra degrado e sviluppo

ALGHERO – “Nel cominciare questa piccola riflessione volta a sottolineare l’abbandono delle borgate del Comune di Alghero e dell’agro della c.d. Bonifica storica, ritengo necessario partire dalla domanda: cosa è rimasto della riforma agraria? La trasformazione fondiaria degli anni cinquanta ha costituito il più grande intervento strutturale del comparto agricolo e sociale che il nostro territorio ricordi. Questo epocale evento, che ha permesso il riscatto sociale di molti braccianti e servi pastori, nonché dei loro figli, oltre che rimanere nella memoria dei residenti dell’agro riformato, resta testimoniato dalla decadenza degli edifici di proprietà pubblica siti nelle borgate”. Cosi Giovanni Spano candidato nel Psd’Az alle elezioni comunali del 16 giugno.

“Percorrendo l’area della c.d. bonifica storica, si nota subito il disastroso stato della rete viaria. Carente dell’adeguata segnaletica, connotata da asfalto sconnesso, nonché da tratti sterrati divenuti difficilmente praticabili, queste strade costituiscono spesso le uniche vie di comunicazione con le case di civile abitazione e le attività produttive che insistono nella zona. A questo si aggiunge l’incuria delle fasce alberate prospicenti alle carreggiate, che contribuiscono ulteriormente a rendere poco agevole il transito dei veicoli. Raggiungendo le borgate di Maristella, Guardia Grande, Sa Segada, Santa Maria La Palma e Tanca Farrà, si comprende come questi luoghi sopravvivano per la caparbietà dei residenti. Alle iniziative private si contrappone purtroppo una vergognosa non curanza della politica locale, passata e presente, che ha dimenticato questi insediamenti rurali che costituiscono parte della storia del territorio algherese. Segni tangibili di questa inciviltà politica sono rappresentati dalla decadenza delle officine Zirra o il dissesto delle Chiese di Sa Segada e Tanca Farrà”.

“Questi sono solo alcuni degli esempi possibili. Alla domanda iniziale quindi si può rispondere che della riforma agraria resta il principale successo di aver costituito una nuova classe di agricoltori, che con la loro bravura ed intelligenza, hanno costituito nel loro insieme una delle più importanti offerte agroalimentari del Comune. Per contro invece ciò che risulta evidente è la decisa testimonianza degli sfaceli della moderna politica. Essa ha permesso la degradazione di edifici pubblici e strade, nonché ha ostacolato le prospettive di sviluppo della zona con disposizioni inibenti le attività produttive, private per lungo tempo della possibilità di edificare persino i ricoveri per attrezzature. Terreni che sono stati strappati alla macchia mediterranea per produrre, vennero considerati invece una distesa da adibire alla mera contemplazione ambientale. La politica dei vincoli non ha risparmiato le zone dell’agro da un’aggressiva attività edificatoria, intensificatasi proprio a ridosso dell’entrata in vigore del piano paesaggistico regionale del 2006. Tale visione talebana e miope ha comportato l’aumento degli abusi edilizi, nelle zone ove le attività umane necessitavano assolutamente di strutture”.

“Ritengo che sia ora di voltare pagina, di porre seriamente in campo delle idee nuove che restituiscano alla finalità produttiva l’agro riformato, attraverso un’attività edificatoria funzionale alle imprese agricole tout court e a quelle di servizi al turismo. Il comparto enogastronomico e culturale rappresentano le nuove frontiere dell’offerta turistica, per questo creare le premesse per una reale valorizzazione dell’agro si traduce con possibilità di occupazione, non esclusivamente stagionale. In questo schema svolgerebbe una parte importante anche la rinascita dell’istituto tecnico agrario di Santa Maria la Palma, che dovrà formare figure tecniche di raccordo tra quelle dei professionisti e delle mere maestranze. In ultimo ritengo che la futura amministrazione comunale debba intervenire rapidamente nel recupero delle aree di borgata, ripensandole come aree di espansione abitativa, con particolare riguardo ai piani di edilizia agevolata. Il riflesso di queste politiche comporterebbe un’inferiore pressione edificatoria dell’agro e la salvaguardia di questi piccoli centri, che è giunta l’ora siano considerati parte effettiva della comunità algherese”.

Nella foto Giovanni Spano

S.I.