Alghero, un sabato in via Doria

ALGHERO – La calura di sabato sera non conciliava certo il sonno e le finestre aperte della camera da letto, sebbene restituissero i suoni della strada, erano l’unica soluzione per respirare. Dal sovrapporsi delle voci non si percepivano i discorsi, ma poi, man mano che la notte prendeva il sopravvento e la maggior parte delle persone lasciava la strada, le parole arrivavano più nitide. “Ci hanno messo la colla, non si stacca”. Sento nel dormiveglia. E in un attimo dal letto ero già alla finestra. Quella parola “colla” è stata come un secchio d’acqua fredda in faccia. E’ si perché ero stata io ad usare “la colla” o meglio un forte adesivo, per attaccare meglio i vasi delle mie piante alla facciata dopo averne subìto per mesi e mesi il distacco e la rottura da parte di vandali. Ed eccoli lì, ora, tutti sotto la mia finestra quei vandali, sì proprio loro, rei confessi con quella frase dei precedenti atti in cui la “colla” ancora non c’era ed erano riusciti a distruggere una proprietà privata e ad imbrattare la strada con terra, pezzi di vaso e piante calpestate. Erano tutti lì, una quindicina di ragazzi a cui il concetto di distanziamento sociale faceva naturalmente un baffo così come l’obbligo della mascherina. Uno era ancora vicino al vaso mentre gli altri pronti coi cellulari in mano a filmare la bravata. Che sabato sera però non gli è riuscita. Grazie alla “colla” e al mio grido “andatevene”. Tuttavia accanto alla soddisfazione di averli beccati con le mani sui vasi delle mie piante mi sorgeva la preoccupazione di ritorsioni magari più organizzate. Tornai a dormire, ma con un orecchio sveglio. Ed è così che poche ore dopo mi ritrovo di nuovo alla finestra attirata da voci. Non erano i ragazzi di prima, ma una giovane coppia ben vestita che si era fermata in quel tratto di strada. Lei, nel suo vestitino bianco a fiori, lui con una maglia rossa dal colletto rialzato sulla nuca che fa molto disinvolto. Erano distanti. Lei da un lato, lui dall’altro. Ci ho messo un po’ a capire cosa lui stesse facendo e che quello che sembrava un bel quadretto di un sabato sera elegante tra innamorati aveva preso una piega un po’ diversa. Aveva appena urinato a pochi centimetri dal portone dei miei vicini di casa e si stava ricomponendo proprio in mezzo alla strada con ancora qualcosa fuori dai pantaloni che invece sarebbe dovuto essere dentro. Ebbene in quel piccolo tratto di strada dedicata ai Doria, fondatori di Alghero, tra via Roma e via Don Deroma, nel giro di poche ore si era consumato un tentativo di atto vandalico e un riuscito atto osceno in luogo pubblico oltre all’imbrattamento di un muro con urina: illeciti amministrativi, non più reati. Sono tornata a letto, col pensiero di ricordarmi che all’indomani avrei dovuto avvisare i miei vicini di casa di gettare acqua sul muro prima che la loro piccola Vittoria ci appoggiasse le sue manine. Credevo finalmente di poter dormine, erano quasi le quattro e gli aspiranti vandali a quell’ora erano di certo nei loro lettini, nelle loro camerette vicino a quelle dei loro genitori di certo ignari di quanto i figli erano abituati a fare in giro per il centro storico di Alghero. Non sono certo l’unica ad aver subìto, per mesi e mesi, atti vandalici contro vasi e piante che con tanta cura in molti mettiamo nelle nostre facciate per rendere ancora più splendida Alghero, la città che amiamo. Rimpiangendo, per assurdo, il lockdown, chiudo gli occhi. Ma per poco: la mia nottata piena di avventure, pur rimanendo nella mia camera da letto, non era ancora finita. La notte più profonda mi avrebbe riservato emozioni più forti. Il tono è ironico, ma non troppo. Ebbene nonostante quello che stessero per fare non fosse propriamente entro i termini della legge, uno, bicchiere di vetro in mano, e l’altro, zaino in spalla, parlavano a voce molto alta e l’atteggiamento era sospetto. La mia finestra era di nuovo il loggione di un teatro: di scena, sui gradini della casa di un altro mio vicino, una sniffata di droga. “Che fate imbecilli” mi è uscito spontaneo, non per censurare il loro gesto, non è mio compito, quanto per poter dormire in pace senza il fastidio delle loro voci alterate da alcool e droga. Se ne sono andati. Zaino in spalla e bicchiere in mano. Un po’ più barcollanti di quando erano arrivati.

Cristiana Zampa (giornalista, già del Resto del Carlino)