Patto Sardegna: finte entrate

ALGHERO – “Le finte entrate aggiuntive del Patto per la Sardegna: l’allegato A del Patto per lo Sviluppo della Sardegna, che riporta in maniera dettagliata l’elenco completo dei progetti e degli interventi che lo compongono, evidenzia l’impatto finanziario misurato al 2017 che è misurato in appena di 281,7 milioni (meno del 10% del totale delle risorse) di cui 277,6 milioni a gravare sul programma già finanziato del Fondo di Sviluppo e Coesione (2014-2020) Ciò significa certificare che la Sardegna non vedrà neanche un euro fino al 2018, dei presunti fondi aggiuntivi annunciati trionfalisticamente a Sassari nella sede dell’Università dal Presidente del Consiglio Renzi e dal Governatore Pigliaru, firmatari dell’accordo. Ma questi “fondi aggiuntivi” sono inesistenti”. Cosi i Riformatori sul cosi detto “Patto per la Sardegna” firmato da Renzi a Sassari.

“Dalla stessa tabella si riesce, infatti , a restituire la verità sull’esatta provenienza dei 2.905 milioni che costituiscono l’ammontare complessivo delle risorse elencate nell’accordo e sbugiardare le affermazioni fatte sull’entità delle risorse aggiuntive e soprattutto sull’ipocrisia contenuta nelle tante belle parole che compongono le premesse dell’accordo 385,3 milioni di euro importo delle risorse già assegnate in precedenti programmi di finanziamento o poste a carico del Bilancio Regionale, 1.905 milioni sono la quota parte dei fondi già assegnati e ricompresi nella fetta spettante alla nostra regione sul Programma nazionale 2014-2020 del Fondo per lo Sviluppo e Coesione (FSC); 254 milioni sono la quota parte delle risorse, peraltro largamente insufficienti e penalizzanti, già ricomprese nel programma delle opere ANAS 2016-2020 (è opportuno ricordare infatti che l’incidenza della rete stradale ANAS Sarda, pari a Km. 2.948, è sul totale della rete dell’intera rete viaria statale ANAS, pari a 24.700 ( esclusi i 900 Km di autostrade ), è pari al 12%, 611 milioni sulle risorse provenienti dalla quota nazionale del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione (cabina di regia ); Insomma di risorse aggiuntive, rispetto a quelle già nostre, non solo non ce ne sono ma mancano anche parte di quelle che ci erano state già assegnate. L’elemosina dei 30 milioni annui per 4 anni da destinare alla continuità territoriale aerea è un esempiolapalissiano di questa ipocrisia”.

“Di fronte a tutto questo una Giunta regionale immobile e supina reagisce con flebili lamentele, quasi inaudibili, scusandosi di essere costretta a disturbare il manovratore mentre costui continua imperterrito a frugarci letteralmente nelle tasche. Si tratta, lo diciamo perché non lo si dimentichi, della stessa Giunta che ha rinunciato a costituirsi davanti alla Corte Costituzionale nella causa che vede il Governo chiedere l’annullamento della previsione di incasso di 1 miliardo di euro legato alla cosiddetta “vertenza accise” , che aveva visto la precedente maggioranza regionale inserire giustamente la posta nella Finanziaria regionale per il 2014.
Cioè , una Giunta che ha deliberatamente scelto di non difendere gli interessi dei sardi e questo con l’appoggio di una maggioranza in cui non si contano le moltitudini di partiti che si definiscono sardisti, autonomisti, sovranisti e alcuni addirittura indipendentisti”.

“Altro che risorse aggiuntive, i sardi hanno diritto ad avere le risorse proprie, riconosciute costituzionalmente, che sono inequivocabilmente sancite nella lettera d) del comma 1 dell’articolo 8 dello statuto della Sardegna e che sistematicamente ci vengono sottratte : la compartecipazione, cioè, nella misura dei 9/10 sulle accise (imposte di fabbricazione e non di consumo) gravanti sui prodotti petroliferi prodotti in Sardegna. Questo nostro diritto è reso ancora più esplicito da quanto introdotto nel comma 2 del nuovo articolo 8 del nostro statuto : “Nelle entrate spettanti alla regione sono comprese anche quelle che, sebbene relative a fattispecie tributarie maturate nell’ambito regionale, affluiscono, in attuazione di disposizioni legislative o per esigenze amministrative, ad uffici finanziari situati fuori del territorio della regione.”.

“Ricordiamo, per chi ha memoria corta, che il secondo comma fu introdotto appositamente per evitare che la presenza dei “depositi fiscali” dei prodotti petroliferi, collocati fuori dalla Sardegna, legittimassero la mancata assegnazione della compartecipazione erariale alla nostra regione e ha contestualmente legato ai maggiori proventi derivanti dalle nuove compartecipazioni l’imputazione al bilancio regionale della spesa sanitaria, delle spese relative al trasporto pubblico locale e alle misure di continuità territoriale (art. l, commi 836 e 837, legge n. 296 del 2006) : come dire oltre il danno la beffa. E tutto questo a fronte anche di quanto espresso dalla Corte Costituzionale con la sentenza n.95 del 2013 con cui denunciava l’inerzia Statale che “troppo a lungo ha fatto permanere uno stato di incertezza che determina conseguenze negative sulle finanze regionali, alle quali occorre tempestivamente porre rimedio, trasferendo, senza ulteriore indugio, le risorse determinate a norma dello statuto”
Per quanto concerne la nascita dell’obbligazione tributaria e l’esigibilità delle accise, l’art. 2 del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 e s.m.i. (T.U. delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulle produzioni e sui consumi) che recepisce la Direttiva Comunitaria n. 2008/118/CE relativa al regime generale delle accise, dispone al comma 1 che “per i prodotti sottoposti ad accisa l’obbligazione tributaria sorge al momento della loro fabbricazione…ovvero dalla loro importazione ” e, al comma 2, che “l’accisa a esigibile all’atto della immissione in consumo del prodotto nel territorio della Stato…” e che pertanto nel confermare che l’obbligo tributario “matura” al momento della fabbricazione”.

“A fronte della modifica dello Statuto Regionale Sardo, che conferisce pieno e assoluto profilo di legittimita’ al comma 1 dell’articolo 1 della legge regionale 7/2014 (Finanziaria Regionale 2014), approvato all’unanimità dal Consiglio Regionale , il Governo, nella persona del Presidente del Consiglio dei Ministri, ha impugnato tale norma dinanzi alla Corte Costituzionale, con ricorso notificato alla R.A.S in data 24 marzo 2014. Ora ci ritroviamo noi tutti a pagare un prezzo elevatissimo e inaccettabile derivante dalla folle decisione della Giunta Regionale di ritirare tutti i ricorsi pendenti e di non resistere in giudizio alla decisione del Governo di impugnare l’art. 1 della legge regionale n. 7/2014, che paradossalmente ci aveva fornito su un piatto d’argento l’opportunità di far valere le forti ragioni contenute nello stesso art. 8 novellato dello Statuto Sardo, la cui legittimità non era mai stata messa in discussione in nessuna delle sedi istituzionali competenti”.

Nella foto i vertici regionali dei Riformatori Sardi

S.I.