“Infiltrazioni mafiose, fenomeno complesso: bisogna seguire i soldi”

ALGHERO –  “Ho conosciuto diversi mafiosi e camorristi. Con loro ho avuto un dialogo formale, come si conviene a chi, per mestiere, entra in contatto con loro. Li ho incontrati all’Asinara, ma ho avuto contatti anche a Nuoro, Oristano, Tempio e Sassari.
Se mi chiedessero un ritratto di un mafioso o di un camorrista, non riuscirei a farlo. Le persone non sono solo ciò che rappresentano, ma piuttosto il risultato di mille parole, gesti e silenzi. Quando qualcuno mi chiede di Riina, rispondo sempre che non aveva parole, mentre Cutolo ne aveva troppe. Erano l’alfa e l’omega, ma entrambi appartenevano alla malavita organizzata.
Cosa sta succedendo ad Alghero e, se vogliamo allargare lo sguardo, in altri luoghi della Sardegna? Davvero c’è il rischio di infiltrazioni mafiose?
Ricordo che l’allora ministro dell’Interno, Maroni, chiese di poter replicare alle accuse di infiltrazioni in Lombardia che, a suo avviso, non esistevano. Aveva, ovviamente, torto. La mafia, la ’ndrangheta e la camorra sono presenti da molti anni a Milano e fanno affari. Lo dice, da sempre, Roberto Saviano. Oggi ci sono anche le prove.
Qui, da noi, sono ancora sussurri, modi di essere, movimenti impercettibili. È necessario avere la massima attenzione, è vero, ma non si può chiedere ai cittadini di vivere nel sospetto costante. Sarebbe pericolosissimo. Un calabrese, un siciliano o un napoletano non appartengono alla criminalità organizzata in quanto tali. La quasi totalità della popolazione di queste regioni non ha mai avuto a che fare con la giustizia, come i sardi non sono tutti sequestratori di persona o rapinatori.
Se la camorra o la mafia si è infiltrata in una città come Alghero, è semplicemente perché si è messa in “affari”, non perché vi siano parenti presenti nel carcere di Bancali. Questa analisi è fuorviante e semplicistica. La fenomenologia dell’universo mafioso non è facile da percepire, analizzare o scoprire.
Non è vero, per esempio, che la Sardegna sia immune, e certamente non aiuta la scelta del legislatore di inviare i detenuti sottoposti all’articolo 41 bis nell’isola. La valutazione, però, non può essere superficiale. Le analisi devono portare a intensificare i controlli e a comprendere i movimenti non solo dei soldi, ma anche di quello che chiamiamo “patrimonio immobiliare”.
Affermare che la mafia investe dalle nostre parti perché alcuni loro esponenti sono a Bancali (o saranno a Uta) significa non comprendere un fenomeno complesso. Se fosse così facile, basterebbe trasferire i detenuti altrove – cosa che, peraltro, già avviene, perché non è assodato che un detenuto resti per anni nello stesso luogo – e la mafia sparirebbe.
Il problema è più complesso e occorre analizzarlo nella sua interezza: dai piccoli segnali, come un’auto bruciata, a un assalto a un portavalori. Ma anche questo non ci racconterebbe che una parte del fenomeno. I soldi, oltre a non avere odore, non fanno rumore. Dobbiamo seguirli”.

 

Giampaolo Cassitta, scrittore