“La Sardegna e Alghero non vogliono piegarsi alla criminalità”

ALGHERO – “Il tema delle infiltrazioni mafiose nel nostro territorio, in particolare ad Alghero, è tornato al centro del dibattito pubblico. È un argomento delicato, che non va sottovalutato né taciuto, perché riguarda non solo la sicurezza, ma anche l’immagine e il futuro della nostra comunità.

È noto come la decisione assunta diversi anni fa a livello nazionale di concentrare in Sardegna numerosi detenuti sottoposti al regime di 41 bis abbia avuto conseguenze significative. Tale scelta ha comportato il rischio di portare con sé ramificazioni, presenze e interessi della criminalità organizzata, che in una regione non sufficientemente attrezzata sul piano della prevenzione possono trovare terreno fertile per tentativi di infiltrazione economica e sociale.

Occorre dire con chiarezza che il contrasto alla criminalità organizzata non è nelle mani delle amministrazioni comunali. Gli strumenti investigativi e repressivi appartengono ad altri apparati dello Stato – magistratura, forze dell’ordine, strutture specializzate – dotati della competenza e delle capacità necessarie per affrontare fenomeni così complessi e sofisticati. Tuttavia, questo non significa che le istituzioni locali siano estranee: il loro ruolo, seppur indiretto, è importante. Un’amministrazione comunale può e deve accompagnare il lavoro delle autorità competenti, sostenere la società civile, incoraggiare il dibattito pubblico, senza cedere alla tentazione del silenzio.

La criminalità organizzata di oggi non si presenta più soltanto con la violenza, ma soprattutto con strumenti finanziari e imprenditoriali, attraverso i quali cerca di inserirsi nell’economia legale, di riciclare denaro e di condizionare lo sviluppo dei territori. Per questo serve la massima attenzione, la massima trasparenza e la capacità di reagire collettivamente.

In questi mesi, anche ad Alghero, si registra un elemento positivo: la discussione è aperta, la società civile, le istituzioni e le forze di polizia hanno mostrato sensibilità e reattività. È fondamentale che questo dibattito non si spenga. Non dobbiamo temere di parlarne: i danni d’immagine sarebbero ben maggiori se prevalesse il silenzio.

Resta, però, un nodo politico e istituzionale che non può essere ignorato. Non è accettabile che la Sardegna venga trasformata, di fatto, in una sorta di “Cayenna italiana”, concentrando qui i detenuti più pericolosi e con maggiori legami con la criminalità organizzata. È una scelta che espone l’isola a rischi ingiustificati e che deve essere affrontata con determinazione a tutti i livelli, dal governo centrale fino agli enti locali.

Il nostro compito, come comunità, è difendere il diritto a vivere in un territorio libero dalle mafie, facendo sentire la nostra voce e rafforzando la collaborazione tra istituzioni e cittadini. Non si tratta di individuare colpevoli, ma di affermare con forza che la Sardegna e Alghero non possono e non vogliono piegarsi a logiche di infiltrazione criminale.

Per questo occorre mantenere alta l’attenzione, alimentare il confronto pubblico e garantire una reazione collettiva, forte e costante. Solo così si potrà preservare la dignità del nostro territorio e il futuro delle prossime generazioni”.

Mario Conoci, ex-sindaco di Alghero